IL GESSO A MONTE TONDO

Nella Vena del Gesso a Monte Tondo, tra i comuni di Riolo Terme e Casola Valsenio (RA), opera fin dal 1958 una grande cava di gesso. Si tratta di una zona carsica dove sono presenti oltre 10 km di grotte sotterranee, numerose emergenze archeologiche, faunistiche e floristiche, protetta dalle normative della rete Natura 2000 e sita all’interno dell’Area Contigua del Parco Regionale della Vena del Gesso.

L’estrazione del gesso lungo gli affioramenti dell’appennino settentrionale è stata esercitata da piccole cave ad uso familiare e una pletora di cave di medie dimensioni a carattere industriale, nate all’inizio del secolo scorso. Nel 1989, con la chiusura di queste piccole realtà estrattive, venne deciso di concentrare lo sfruttamento in una realtà unica a Monte Tondo, gestita da una grande impresa a carattere nazionale prima, e multinazionale poi.
Se la scelta del polo unico ha interrotto l’attività estrattiva nelle altre zone dei gessi emiliano-romagnoli, ha però determinato un intenso sfruttamento dell’area di Monte Tondo, tanto che la Grotta del Re Tiberio, di rilevante interesse naturalistico, speleologico ed archeologico, è stata pesantemente danneggiata. I sistemi carsici presenti nella montagna sono stati intercettati dalla cava e, a seguito di ciò, l’idrologia sotterranea è stata deviata e drasticamente alterata. Anche le morfologie carsiche superficiali sono state in massima parte distrutte.

L’ultimo Piano delle Attività Estrattive approvato, tenuto conto del volume di materiale estratto fino al 2008 e di puntuali stime redatte dall’ARPA, garantiva un periodo di attività estrattiva fino al 2032. Questo lungo lasso di tempo sarebbe certo più che sufficiente – se vi fosse volontà – per riconvertire l’attività produttiva e così azzerare, o quanto meno mitigare, le conseguenze sociali e occupazionali dovute alla cessazione dell’attività, che impiega circa un’ottantina di addetti.
Nulla però è stato fatto da 20 anni a questa parte e questa grave negligenza, in primis da parte degli enti locali e i governanti del territorio, è segno di un colpevole disinteresse per la salvaguardia della Vena del Gesso. Oggi, la multinazionale Saint Goibain Spa chiede un ulteriore ampliamento dell’area e delle quantità estraibili, motivata da propri interessi economici, da approvare nel prossimo Piano.

La rete “Salviamo la Vena del Gesso”, promossa dalla Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna e sostenuta da Club Alpino Italiano (CAI), Società Speleologica Italiana (SSI), Legambiente Faenza, WWF Ravenna, Extinction Rebellion Faenza, FIAB Faenza, ha da alcuni mesi iniziato una campagna di informazione e mobilitazione per contrastare questa ipotesi di ampliamento e chiedere la chiusura della cava dopo oltre sessant’anni di estrazione.

 
Testo di Luca Pisani, Federazione Speleologica Regionale dell’ Emilia Romagna
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